"Pensare il modo differente per muoversi in modo intelligente", Federmotorizzazione a NME

13 Oct 2022 motorpad.it
'Pensare il modo differente per muoversi in modo intelligente', Federmotorizzazione a NME

Nel giorno di inaugurazione della prima edizione dell’esposizione dedicata alla transizione ecologica del settore automotive e all’evoluzione della mobilità NME - Next Mobility Exibition, la Fiera di Milano-Rho ha ospitato l’evento “Pensare il modo differente per muoversi in modo intelligente” ideato da Federmotorizzazione e Confcommercio Mobilità, due organizzazioni che in Italia rappresentano oltre 450.000 addetti.

Nel corso dell’incontro sono stati analizzati i cambiamenti che stanno trasformando le città, sempre più “smart e verdi”, grazie anche alla micromobilità e ai punti di interscambio. Di conseguenza, la mobilità è destinata a diventare, almeno nelle intenzioni, più inclusiva e a misura d’uomo. Il tutto con un’accelerazione che spesso deve fare i conti con un territorio che non è ancora pronto per affrontare questa rivoluzione.

Moderato dal giornalista Pierluigi Bonora, promotore di #FORUMAutoMotive, l’evento è stato aperto dagli interventi degli eurodeputati Massimiliano Salini (Forza Italia) e Paolo Borchia (Lega), impegnati a Bruxelles nelle commissioni che si occupano di riprogettare la mobilità di un intero Continente.

«L’incertezza - è l’analisi di Salini - deriva da fattori che non sono controllabili nei luoghi dove si assumono le decisioni politiche. Ora il percorso si annuncia estremamente duro per cercare di modificare quei provvedimenti così staccati dalla realtà assunti dalla Commissione UE, che guarda a una riduzione del 100% delle emissioni di CO2 al 2035, e prevederebbe solo la trazione elettrica. Primo punto sarà ottenere una modifica almeno del metodo se non del target, introducendo un più reale conteggio sull’intero ciclo di vita dei veicoli».

Secondo Borchia, «il percorso della transizione avanza con un’overdose di ideologia. C’è da sperare che l’apertura di Greta Thunberg, che ha recentemente considerato un errore lo spegnimento delle centrali nucleari in Germania, rappresenti uno spartiacque. Non dobbiamo dimenticare che gli ambiziosi obiettivi europei sono troppo sfidanti e ideologici e, così come proposti, mettono a repentaglio la competitività industriale europea. Sono i crudi numeri a dirci che stiamo andando in una direzione difficile da sostenere. Anche perché i 730 euro medi di aumento dei costi di produzione per ogni auto saranno scaricati sugli utenti, con un evidente impatto sulla competitività».

Pierluigi Ascani, presidente di Format Research, ha presentato i risultati di uno studio che mette a confronto la visione dei cittadini e delle imprese sugli effetti della transizione elettrica in atto. «Gli ostacoli sono diversi. I cittadini accusano l’insufficienza dei servizi di trasporto pubblico urbano e l’integrazione tra città diverse. Lo studio evidenzia che il 56 per cento dei cittadini ritiene che la transizione impatterà pesantemente sugli spostamenti, ma anche che l’84,5 per cento degli italiani comprerebbe un’auto elettrica, ma solo se costerà fino a 25.000 euro. Per quanto riguarda l’impatto sulle imprese, il 34,5 per cento dei responsabili prevede un impatto negativo, con il 2,6 per cento che vede nero, e ipotizza il rischio di chiusura».

Claudio Spinaci, presidente di UNEM, ha puntato il dito sulla «logica ostruzionistica al percorso avviato da anni che porterebbe a lavorazioni diverse da quelle del petrolio nelle raffinerie, pronte a ottenere carburanti da biomasse, rifiuti e addirittura della CO2 stessa. Il problema è la narrazione complessiva che oscura qualsiasi approfondimento. L’elettrico è indicato come unica soluzione, ma noi siamo sicuri che la revisione prevista nel 2026 ci darà ragione, ma sarà troppo tardi perché molte fabbriche saranno già chiuse. Le aziende, inoltre, non faranno investimenti per evolvere i motori a Euro 7 se non avranno garanzie».

Secondo Laurence Bannerman, segretario generale di Airpark, specializzato nello studio dei problemi legati ai parcheggi, la rivoluzione della mobilità urbana in Italia «è particolarmente complicata da un rapporto della ripartizione modale che prevede in media il 60% degli spostamenti in auto privata e il 40% con trasporto pubblico (esclusa la città di Milano). La causa dipende dal fatto che non ci sono alternative efficienti e gli spazi che abbiamo per riorganizzare sono strade, marciapiedi e piazze. Non c’è altro. Serve un ripensamento complesso che tenga conto dei pesi dei componenti della mobilità quando si introducono nuovi elementi».

Una soluzione, dal punto di vista di Ana Cecilia Paez, Associate Transport Planner, di One Works, potrebbero essere le «Città 15 minuti, risultato di un concetto per fornire servizi tenendo conto della loro distanza, in modo evitare ai cittadini lunghe percorrenze per raggiungerli. Su questo progetto Parigi ha investito fortemente dal 2014, ma serve coraggio per arrivare fino in fondo. Bisogna lavorare su tre livelli: una politica che spinga dall’alto, ma sotto ci deve essere un livello intermedio composto da enti che favoriscano l’applicazione, mentre il terzo livello è rappresentato dalla legislazione, dal Codice della Strada. E su quest’ultimo punto l’Italia è carente, perché il Codice è rimasto indietro e non regolamenta elementi introdotti già da anni nel resto dell’Europa».

Un aiuto alla mobilità può arrivare da un concetto di car sharing diverso da quello che conosciamo, come ha sottolineato Matteo Brambilla, Marketing Manager di E-Vai (FNM): «Con E-Vai usciamo dalla dimensione della città e dal classico sharing nato una decina di anni fa. Secondo noi è necessario attuare uno shift modale, per permettere ad altre forme di mobilità di integrarsi con quelle antiquate di mobilità individuale. Spostamenti modali sono attualmente al 12%, e il nostro obiettivo è quello di aumentarli, puntando sull’inclusività sociale. Sono 105 i comuni lombardi connessi a noi grazie ad aeroporti e stazioni dei capoluoghi».

Poi c’è la micromobilità, il noleggio dei monopattini elettrici in continua espansione. Una soluzione semplice e utile, che tuttavia necessita di un’attenzione particolare per evitare gli eccessi che ogni giorno sono sotto gli occhi di chi si muove nelle città. Folco Gervasutti, responsabile marketing per l’Italia di Voi, precisa che l'azienda ha messo a punto una serie di soluzioni contro la “deregulation”. «Siamo diventati partner di UNASCA, una delle associazioni delle scuole guida, collaborando alla realizzazione di un modello che va a integrare libri di testo per conseguire patenti di ogni grado. Secondo noi, educare è più importante che sanzionare; per questo motivo alla prima e alla seconda infrazione avvisiamo l’utente via email, mentre al terzo tratteniamo 10 euro dalla carta di credito. E per evitare il problema dei parcheggi selvaggi stiamo acquisendo aeree in autorimesse da destinare al parcheggio dei monopattini».

I lavori sono stati chiusi dal padrone di casa, Simonpaolo Buongiardino, Presidente Federmotorizzazione e Confcommercio Mobilità, contro lo stop dal 2035 alla produzione di auto con motori termici. «Serve un diverso approccio al tema dello sviluppo della motorizzazione elettrica tra il Nord Europa, più ricco, e il Sud Europa Mediterraneo, più povero. Il cittadino medio italiano non acquista auto elettriche perché non se le può permettere: i decisori politici, finalmente, devono farsi interpreti dei bisogni dei cittadini e adottare linee adatte al nostro Paese, puntando con decisione allo svecchiamento del parco inquinante, il più vetusto d’Europa, anche attraverso le motorizzazioni tradizionali di ultima generazione, piuttosto che insistere su un obiettivo irraggiungibile di una transizione elettrica accelerata. Non è possibile inseguire gli obiettivi temporali dei Paesi del Nord Europa che hanno, mediamente, il 60% di reddito più alto e possono permettersi, come vettura elettrica più venduta, una Tesla che costa tra 60.000 e 80.000 euro».

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