Spezziamo una lancia a favore della Lancia

Si ribellano in molti all’idea che la Lancia possa sparire. Anche noi.

23 May 2014 motorpad.it
 Spezziamo una lancia a favore della Lancia

Marchio di grande retaggio storico e con un curriculum tecnologico invidiabile, per la Lancia pare avvicinarsi il capolinea. “Ha un appeal limitato”, così disse Marchionne, ferendo al cuore legioni di “lancisti” che mai avevano perso la speranza di una rinascita in grande stile. E nell’ultimo resoconto, Sergio la Lancia non l’ha nemmeno citata.

Ma cosa ha portato a questa situazione?

Lasciamo pur perdere un grande passato ormai troppo remoto e rivolgiamo la nostra attenzione a vetture apprezzate da chi ancora oggi è in età utile per guidare l’automobile. I motivi di questa affezione possono essere individuati in pochi fondamentali modelli. Citiamo, solo ad esempio, la Thema – la prima, naturalmente – e la Delta – anche in questo caso, la prima serie.

La Thema spiazzò tutti. Con il poco lusinghiero retaggio della Gamma alle spalle, ben pochi si aspettavano un tale concentrato di qualità. Dopo anni bui, non solo per l’auto, la Lancia rialzava la testa e sul nostro mercato “fece il botto”. Nessun altro offriva lo stesso controvalore. C’era solo un piccolo fondamentale difetto: la vettura era sostanzialmente plafonata nella cilindrata 2000 e quindi debole d’immagine su molti mercati europei. Insomma, fu una vettura “provinciale” e poco poté fare per diffondere il marchio torinese fuori dai patrii confini.

Di ciò dobbiamo ringraziare i governanti dell’epoca che condannarono il concetto di lusso con spauracchi di vario tipo, secondo una filosofia ritornata in auge proprio in questi ultimi tempi, coi risultati disastrosi nel mercato di gamma alta a cui stiamo assistendo.

La Lancia non fece altro che adattarsi, facendo proprio il motto latino “parva sed apta mihi”: piccola ma adatta a me. Fu un proliferare di vetture di una certa pretesa e con una signorilità tutta torinese nel non voler mostrare più di tanto il loro censo. Troppo modeste, però, in confronto ai noti modelli del segmento compact-premium e, in seconda battuta, indirizzate a una clientela piccolo borghese che proprio in questi anni è andata restringendosi sempre più.

In altre parole: era rimasto il prodotto, ma era scomparso il cliente.

Anche BMW aveva adottato una strategia simile con il marchio di semi-lusso Rover, ma si accorse presto dell’inghippo e non ci mise molto a disfarsi dell’intero arrosto tenendo per sé solo un po’ di prezioso sugo (la Mini).

Riguardo alla Delta, è imbarazzante considerare che con questa vettura si promosse una carriera sportiva del marchio paragonabile a quella dell’Audi. Con la differenza che sappiamo tutti dove è arrivata oggi la casa tedesca. Alla Lancia è invece mancata la politica di ampio respiro adottata a Ingolstadt, fatta di impegno sportivo, supportato da una robusta gamma di modelli vendibili sui mercati più diversi e da una visione strategica ben diluita nel tempo.

E qui siamo daccapo, perché si è bravi sui mercati internazionali solo se si è solidi a casa propria. Cosa che la Lancia da una parte non ha voluto essere, ma che non le è nemmeno stato consentito di fare per le già citate condizioni di mercato punitive per il prodotto di pregio.

E questo è il risultato.

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