Il pasticciaccio di Volkswagen

Leadership mondiale, immagine a forte rischio per Volkswagen.

23 Sep 2015 motorpad.it
Il pasticciaccio di Volkswagen

Adesso si svegliano tutti. Il “caso Vokswagen”, relativo ai falsi dati sulle emissioni dei motori diesel sulle auto vendute in America, monta come panna (acida) esponendo a rischi serissimi non solo una serie di valori del Gruppo VW che, fino a ieri, nessuno si sognava di mettere in discussione.

Adesso tengono banco problemi enormi con riflessi che inevitabilmente, stanno già ricadendo sull’intera industria automobilistica tedesca colpita da un vero tsunami proprio quando, solo qualche giorno fa, la Cancelliera Merkel paradossalmente invitava i costruttori tedeschi ad offrire posti lavoro ai migranti.

Colpiscono, in questa grave situazione, le dimensioni del disastro che coinvolgerebbe qualcosa come gli 11 milioni di veicoli, da cui multe stratosferiche in arrivo, denunce penali in arrivo, e soprattutto il sospetto che a Berlino non fossero proprio all’oscuro di quanto VW aveva in atto per alterare i risultati sulle emissioni.

Non è certo una novità che i Governi di qualsiasi paese abbiano sempre avuto (e dovuto) un occhio di riguardo per le loro aziende strategiche e di maggior peso sociale. Basterebbe ricordare, a puro titolo di esempio e con ben altre incidenze, i tempi in cui a Torino si parlava di “… tutto quello che va bene per la Fiat, va bene per l’Italia”.

Adesso è tutto un tirar calci al leone ferito da parte di “asini” che, prima, neanche si sognavano di ragliare. E per “asini” intendo tutti coloro che, politici di mezzo mondo, istituzioni varie, tedesche, europee, australiane, coreane, italiane, americane con la Casa Bianca in testa e associazioni di consumatori, ecc. avrebbero dovuto sorvegliare e intervenire.

Bene ha fatto, s’intende, l’EPA (l’Authority USA che controlla l’inquinamento) a far esplodere il caso e probabilmente sanzionare con una multa gigantesca non sola la “truffa, ma la bugia in sé.

Resta il fatto che, come sottolinea anche la stampa tedesca più autorevole, non si può seriamente credere che questa tecnologia sui gas di scarico sia una prerogativa solo dei motori diesel Volkswagen/Audi che non potranno più essere commercializzati negli USA. Infatti girano già più o meno timori sussurrati e perfino confidenze a mezza bocca di situazioni analoghe per altri costruttori in una situazione aperta quindi a rapidi sviluppi e non impossibili sorprese.

E allora, come è bene che avvenga da ogni crisi, il momento è giunto di non fermarsi alle grida ed alla caccia di teste immancabilmente da tagliare, ma di porsi il problema di regole nuove, chiare e stringenti per tutti, con i relativi controlli, a difesa della verità, della qualità dell’aria che respiriamo e del valore assoluto, sociale, economico e di passione che l’industria dell’auto rappresenta.

Costeranno forse più care le auto che verranno, ma è un prezzo da pagare e quelle proposte di collaborazioni, concentrazioni, alleanze  a vario titolo tra costruttori che si vanno realizzando e sulle quali Marchionne insiste, assumono un senso e un’importanza non contestabile.

Ricordo, al riguardo, una “profezia” che circolava una ventina di anni fa (e che provenivano da un piano di marketing giapponese a 100 anni!) secondo cui si ipotizzava un assetto mondiale dell’industria automobilistica secondo il quale tre “costruttori superbig” si sarebbero alla fine spartiti le aree di influenza: General Motors nelle Americhe, Toyota in Asia e Volkswagen in Europa. E tutte le altre marche? Nient’altro che parti di queste tre galassie.

E adesso? Adesso diamoci da fare. Seriamente. Senza le tipiche fughe in avanti improvvisate di chi non ha idee se non quella di chiudere la stalla a buoi scappati.

Non ha senso, infatti, la notizia appena giunta che il Governo - di cui nessuno ricorda qualcosa di positivo a favore non solo e non tanto dell’industria automobilistica italiana, ma nemmeno dei cittadini automobilisti che Dio sa di quante tutele avrebbero bisogno -, avrebbe chiesto di bloccare le vendite di VW in Italia.

Già che c’è perché non blocca la circolazione di tutti i mezzi a motore?

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